Le torte di Oldenburg
Con la Pop Art l’attenzione dell’artista si sposta su nuovi modelli e scelte tematiche: prodotti e beni di consumo di massa, bassi e popolari, divengono oggetto di interesse mettendo in discussione il concetto stesso di arte e operando un rovesciamento della gerarchia dei valori. Non si tratta semplicemente di trasformare il banale in arte ma di rendere l’arte stessa banale. L’arte con il pop diventa prodotto di massa.
Claes Oldenburg riproduce oggetti quotidiani e cibi modificandone dimensioni e aspetto, attribuendo loro un nuovo significato attraverso l’ingigantimento, la deformazione e lo svuotamento della consistenza. Oldenburg effettua un’operazione critica verso il consumismo nella società americana in particolare focalizzandosi sui prodotti alimentari, diversamente da quanto accade ad esempio nella pittura sofisticata del contemporaneo Wayne Thiebaud dove, pur rappresentando gli stessi soggetti, le torte diventano puri elementi formali rappresentati con una tecnica pittorica che attribuisce grande attenzione agli aspetti compositivi e all’uso sempre diverso della luce.
Impiegando tela, plastica e PVC, Oldenburg realizza caricature di cibi che assumono una nuova valenza scultorea: un cono gelato da 4 metri, un’enorme fetta di torta soffice, gelati da passeggio in morbido pelo si afflosciano sul pavimento. Una vetrinetta da pasticceria espone dolci dipinti con colori accesi, forti contrasti cromatici, citazioni ironiche delle sgocciolature tipiche del linguaggio dell’espressionismo astratto di Pollock. I prodotti non sono proposti per esaltare il sapore o la genuinità ma per le dimensioni, i colori e la loro accattivante estetica. L’estetica delle torte in effetti mi ha sempre attratto, ma poi finisce che te le mangi..così ho sparso per la casa torte di gesso, verdi, rosa, lampone. Restano lì come sculture sulle loro alzate, me le guardo. Il fatto è che nei dolci di Oldenburg l’effetto straniante delle enormi fette di torta in tela o delle pellicce fluo dei gelati, le sgocciolature espressioniste sui dolci, hanno sempre esercitato su di me un certo fascino. Come se delle sue cakes in qualche modo l’artista portasse a galla la quintessenza del gusto, ne svelasse l’anima più intima, trasportandole in un mondo onirico dove torte e gelati così deformati e ultra colorati diventano più che commestibili, perfino sexy.
Cakes, popsicles and sweets from Claes Oldenburg’s “pastry shop" were on display at the MOMA in New York in April 2013.
With Pop Art the artist's attention shifts to new models and thematic choices: products and goods of mass consumption, cheap and popular, become the subject of interest by questioning the very concept of art, and through the reversal of the hierarchy of values. It’s not simply to transform the mundane into art but to make art itself trivial. Art with pop becomes mass-produced.
The Pop artist Claes Oldenburg reproduces everyday objects and food by changing their size and appearance, giving them a new meaning through exaggerating, deforming and emptying the consistency. Oldenburg performs a critique of consumerism in American society, in particular focusing on food. Unlike for example in the painting of sophisticated contemporary Wayne Thiebaud where, although representing the same subjects, the cakes become pure formal elements represented with a painting technique that gives great attention to the composition and use different ways of using light. Using canvas, plastic, PVC, Oldenburg creates caricatures of foods that take on a new sculptural quality: a four meter high ice cream cone, a huge slice of fluffy cake, confectionary ice cream made from furry fabric drooping on the pavement. A glass case displays pastries painted with bright colors, strong color contrasts, ironic quotes dripping and belonging to the Pollock’s language of abstract expressionism. The products aren’t there to enhance their flavor or freshness but for the size, the colors and their aesthetic appeal. Cake aesthetics has always attracted me, but then you end up eating them…so I spread cakes around my home made out of theatre plaster in green, pink, raspberry colors. They’re there like sculptures on display; I look at them. The fact is that in Oldenburg’s sweets the alienating effect of the huge slices of cake made from fabric or furry neon ice-cream, the expressionist drips on the sweet, are morbidly fascinating to me. As if somehow the artist took out the quintessence of the taste from his cakes and revealed the deepest soul, carrying them into a dreamlike world where cakes and ice-creams, so deformed and hyper-coloured, become something more than edible, even sexy.