Viva Las Vegas
Meglio una Venezia nel deserto del Nevada, una piramide con sfinge e piscina, centurioni romani autenticamente falsi ma per così dire genuini e spettacolari o il kitsch inconsapevole dei lampadari neo-barocchi e delle sedute Luigi XXV in plastica, rappresentazione supercitazionista oggi molto in voga del nuovo lusso ostentato?
Il concetto di surrogato, di replica fac-simile secondo Gillo Dorfles, appartiene ad entrambi, ma la differenza tra gli scintillanti fenicotteri rosa dell’hotel Flamingo e le sedie animalier del Just Cavalli Cafè non sta tanto nel cattivo gusto quanto nella consapevolezza, ovvero in quello che viene definito approccio “camp”.
Oggi sempre più spesso il nuovo trend dei locali alla moda e del lusso si manifesta attraverso una semplificazione linguistica – che con una sorta di ossimoro si potrebbe definire minimal-barocco – che prevede l’inserimento di arredi e oggetti “preziosi” (= status) in contesti essenziali (= modernità: spazi asettici). Esprimendo così una deriva inconsapevole ora dal sapore barocco, ora etnico, ora rustico-provenzale.
Robert Venturi nel suo celebre “Learning from Las Vegas” rivalutava il valore dell’architettura spontanea, dei segnali luminosi, degli “shed decorati” come definiva i gusci colorati delle architetture anonime su strada, descrivendo una città illusoria e immateriale.
Oggi, come rileva Rem Koolhas, Las Vegas non è più così immateriale e connotata dai segnali quanto dalle nuove mega architetture, enormi macchine consacrate allo shopping come la piramide del Luxor o l’imponente MGM. Cambiano le architetture ma rimane invariato il tratto distintivo della città: la consapevolezza.
Viviamo talmente immersi nel kitsch inconsapevole che Las Vegas diventa paradossalmente attraente per la sua autenticità.
Better a Venice in the Nevada desert, a pyramid with sphinx and a pool, an authentically fake Roman centurions yet genuine and spectacular or the oblivious kitsch of the neo-baroque chandeliers and the Louis XXV chairs in plastic, a super cited representation now in vogue in the new ostentatious luxury?
The concepts of surrogate, of facsimile replication, according to Gillo Dorfles, belongs to both. But the difference between the sparkling pink flamingos at the Flamingo Hotel and the animal chairs at the Just Cavalli Café is not so much in the bad taste as in the knowledge, or in what is called the approach "camp".
Today more and more often the new trend of local fashion and luxury is manifested through a linguistic simplification - that with a sort of oxymoron could be defined as minimal-baroque - which involves the insertion of furniture and "precious" (= status) objects in essential contexts (= modernity: aseptic spaces). Thus expressing an unconscious drift from baroque flavor, to ethnic, to rustic provencal.
In his famous "Learning from Las Vegas" Robert Venturi re-evaluated the value of spontaneous architecture, of light signals, of the "decorated sheds" as he defined the colorful shells of anonymous roadside architecture, describing it as an illusionary and immaterial city.
Today, as noted by Rem Koolhaas, Las Vegas is no longer as immaterial and connoted by signs as much as from the new mega architecture; huge machines devoted to shopping like the Luxor Pyramid or the imposing MGM. The architecture changes but the hallmark of the city remains unchanged: the awareness.