Post-cards

Moira

Moira degli elefanti, eye-liner, turbante e viso di porcellana.
“Guarda una bambola gigante!” esclama un bambino al circo guardandola sbalordito.
Moira ride divertita.
Schiettezza romagnola e animo gipsy.
Risata contagiosa e fisicità esuberante, da far perdere la testa a Fellini.
Il trisnonno Orfei, un monsignore montenegrino che battezza bambini zingari, molla la vocazione per amore di una gitana e con un orso e quattro cani dá inizio alla dinastia circense.
Da sempre Moira e’ sotto i riflettori. 50 film, dai peplum con Ursus e Maciste passando per i film d’autore di Pietro Germi e Dino Risi fino alle infinite serate sotto il tendone. “Rispetto al cinema il circo e’ un’altra cosa, lí bisogna studiare davvero.”
In compagnia dei suoi elefanti. “Li adoro , li puoi ammaestrare e non ti tradiscono mai. Mica come gli uomini”
Potente icona gay, le donne la guardano con sospetto e la temono, gli uomini invece…”pensano solo a quello”.

E si voltano a guardarla al bar Zucca a Milano mentre entra in Galleria nel celeberrimo scatto di Mario De Biasi del ’54.

Inconfondibile matassa di capelli nero china avvoltolati sul capo, Miranda è per tutti Mora fino a quando Dino De Laurentiis le appioppa il nome esotico Moira, un brand che ha fermato il tempo.
Moira è inossidabile, come “orfeizzata” nel suo unico sorriso fiabesco, pelle cipria, spirale corvina, sopracciglia dipinte.
Moira è come una bambola senza tempo e vive in una casa da bambola, uno smisurato caravan funky tra specchi dorati e pareti in seta rosa, immagini di Padre Pio, gente che via e che viene.
E Moira sempre lì dentro, sempre identica, come una statua, come un poster, immobile ed eterna ci sorride rassicurante.