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Outlet Village

Gli outlet village, fenomeno di grande successo e in costante espansione, stanno modificando il paesaggio e le abitudini degli italiani.
Il modello commerciale è vincente. I marchi della moda si riuniscono in un unico agglomerato, un parco tematico che sostituisce il reticolo di vie e piazze cittadine ed i relativi negozi al dettaglio costituendone di fatto un surrogato, una versione esplosa a scala urbana dello shopping mall.

Il tema della progettazione degli spazi commerciali è stato certamente trascurato dall’architettura per così dire nobile, così come è stato sottovalutato il fenomeno del consumo e dello shopping. Oggi lo spazio pubblico riscuote molto meno successo del centro commerciale.
E così come piccole Las Vegas fioriscono cittadelle dello shopping che assorbono immediatamente al loro interno anche le fisiologiche funzioni complementari: bar e ristoranti, parco giochi bimbi (dove parcheggiare i figli per muoversi in libertà tra i negozi), ma anche centri estetici e naturalmente servizio bancomat. E come Las Vegas si trasforma da oasi del gambling a città reale, così i village assumono progressivamente le sembianze di cittadine compiute.

«Se cercate una shopping experience unica» il Valdichiana outlet village vi aspetta vicino ad Arezzo. I 160 negozi del Franciacorta village invece si propongono «per appassionati di moda che vogliono essere chic senza prezzi shock».
Il Fidenza village, che si auto definisce «chic outlet shopping» e promette un’«esperienza luxury a 360°», si impone come leader del settore fornendo tra l’altro: servizio navetta (luxury coach service) da Milano, Verona e Forte dei marmi, gift card, vip membership e app per iPhone. La shopping experience è totalizzante e include facilitazioni per escursioni nei dintorni.

Sorprende però che in quanto a linguaggio architettonico l’unica chiave interpretativa possibile sia quella ultracitazionista. Non c’è spazio per una versione contemporanea.
Gli shopping plans riproducono l’impianto urbano di un borgo medievale con la composizione fitta di singoli edifici accostati a formare vicoli e strade che conducono ad una piazza centrale.
Rispetto al Valdichiana, con le caratteristiche casette dai tetti a falda in coppi e tinte pastello, il Franciacorta ha un’impronta se possibile ancora più rustica, con le facciate in pietra a opus incertum e i suoi porticati in mattoni a vista.
Passeggiando per il Fidenza village scopro invece che nelle scelte architettoniche si avvicina più ad una sorta di luna park dello shopping.
Impianto simmetrico, ingresso quasi disneyano illuminato con arcata e timpano sovrastante fiancheggiato da due torrette simmetriche ai lati. All’interno un mix vorticoso di stili: archi e brize soleil arabeggianti, maioliche, ma anche imponenti colonnati egizi, passando per torri merlate e timpani neoclassici, fino alle immancabili casette rustiche tinta pastello.
In questa versione edulcorata e caricaturale dello shopping center sembra non mancare proprio nulla. Se da una parte la mescolanza degli stili aiuta il marchio a distinguersi dal contesto, dall’altro può risultare penalizzante per la comunicazione dell’identità del brand. Qual è ad esempio il nesso tra un retail Armani e un tempio egizio?

Deve esserci qualcosa di rassicurante e insieme elettrizzante nel passeggiare in un borgo che, come un parco di divertimenti kitsch, mette in vetrina una sorta di campionario mondiale degli stili architettonici.
Leggo (nel sito “the glam side of life”) che l’architettura del «Fidenza Village e’ ispirata alle opere di Verdi».
Ah, ecco il riferimento culturale che mi era sfuggito! Finalmente svelato l’arcano.